DISCLAIMER
(Quasi) tutte le foto in questo post non sono di contemporanei del soggetto (Socrate) perche’ di macchine fotografiche ad Atene nel 5 secolo AC ce n’erano poche. Vogliate perdonarmelo.
Socrate e la dotta ignoranza
“La dotta ignoranza”. E’ cosi’ che si definisce l’atteggiamento di Socrate a proposito della coscienza di non poter sapere tutto.
Il concetto ci arriva dal’Apologia di Socrate, scritta da Platone, che ci racconta di come Socrate nell’essere cosciente dell’incompletezza della sua sapienza, cercasse costantemente di confrontarsi con individui che lui riteneva ne sapessero piu’ di lui. Si recava quindi da uomini saggi, poeti e artigiani (oggi diremmo “Professionisti”, meglio ancora “capitani d’industria”) per discutere e misurarsi ed eventualmente imparare cio’ che lui non sapeva.
Platone scrive che Socrate, nel difendersi dalle accuse che gli venivano mosse (che oggi sarebbero trasposte come idolatria e sobillazione), racconto’ di come Cherefonte, un suo amico, che si reco’ a Delfi per interrogare l’oracolo chiedendo se ci fosse qualcuno piu’ sapiente di Socrate. L’oracolo rispose che no, nessuno era piu’ sapiente di Socrate.
Appreso il responso dell’oracolo, Socrate ne rimase stupefatto e comincio’ ad interrogarsi su come confutare (o confermare) il detto dell’oracolo.
I soliti idioti
I politici
Quindi va da quelli che erano ritenuti gli “uomini saggi” dell’epoca.
E va da un politico, ci parla, e si rende conto che il tizio (ritenuto un sapiente da un sacco di gente normale e dai suoi pari) non sapeva un bel niente, pur essendo convinto lui stesso di sapere tutto.
Socrate fa delle osservazioni al politico, sottolineando le limitazioni della sua conoscenza, ma questi non le vuole sentire e lo manda via dicendogli una cosa del tipo “la sua vita non deve essere proprio facile (mi sta tra l’altro cordialmente sui maroni)”
Gli intellettuali
Allora pensa di andare dai poeti e dagli scrittori, che scrivono cose bellissime e percio’ dovranno sicuramente possedere una sapienza profonda e vasta altrimenti sarebbe loro impossible produrre scritti di una tale raffinatezza.
Ma si rende conto che anche gli scrittori e i poeti sono ignoranti al punto che nemmeno loro capiscono quello che scrivono. La bellezza dei loro scritti viene da una sorta di “ispirazione divina”. Insomma i poeti sono
ignoranti, ma ispirati. E siccome in virtu’ di questa ispirazione hanno successo, pensano di essere sapienti e di esserlo universalmente. Anche loro non sanno e pensano di sapere.
Socrate estende le sue osservazioni pure ai poeti, incassa una nuova “ci stai cordialmente sui maroni” e prosegue.
I capitani d’industria
Decide di andare dagli artigiani. Quelli bravi, quelli da cui vanno tutti. Si rende conto che questi, che sembravano i piu’ umili e i meno istruiti erano tutto sommato sapienti. Quindi gli artigiani “la sapevano”. Socrate pero’ si rende conto che gli artigiani, all’infuori della conoscenza che necessariamente dovevano avere per motivi professionali, non sapevano proprio un cacchio, pur pensando (come gli altri) di sapere.
Insomma anche gli artigianoni, in virtu’ del fatto che erano considerati comunque dei punti di riferimento, pensavano di sapere tutto di tutto, ma alla fine non sapevano. Socrate se ne va rimanendo piuttosto simpatico anche ali artigiani, finendo cosi’ di farsi amici in tutta la comunita’ ateniese.
La conclusione e’ nell’ignoranza.
Il filosofo-ignorante conclude che tutto sommato il fatto di avere coscienza della propria ignoranza denoti proprio una sua (seppur di poco) maggiore sapienza rispetto a quelli che ignorano anche il fatto di essere ignoranti.
Con le sue osservazioni sull’ignoranza dei politici, degli intellettuali e degli artigiani Socrate si inimica una buona parte degli stessi, cosa che gli sara’ fatale per gli esiti del processo.
Si ma a me che me frega?
Ecco, il punto di tutto ‘sto tiratone sono appunto due considerazioni:
- Tutto sommato le cose non sono cambiate tanto dal V secolo AC ad oggi. Siamo pieni di gente piena di se’, che ci governa con l’ignoranza (nostra e loro), ma senza andare tanto lontano: probabilmente abbiamo tutti piu’ di un parente/amico che e’ quello che sa sempre tutto, mai un dubbio. Salvo poi essere quello piu’ nella merda di tutti. E comunque:
I politici sono sempre i politici (dopotutto e’ quello il mestiere piu’ antico del mondo).
I poeti sono diventati i cantanti e gli scrittori popolari ma impegnati (e con la scorta). E comunque Socrate intendeva gli intellettuali in genere.
Gli artigiani sono diventati i capitani d’industria, di cui noi abbiamo esempi egregi, in Italia. - Oggi stiamo meglio di ieri, perche’ la conoscenza e’ accessibile dappertutto, Google, wikipedia, ma soprattutto i social (Facebook, pinterest, reddit, youtube ecc…) sono gli oracoli a cui ci rivolgiamo. Spesso per vedere chi ha ragione quando discutiamo col/la consorte… ma comunque sono i “posti” virtuali dove andiamo a leggere quello che non sappiamo.
E ci facciamo cosi’ una cultura non cultura, pensiamo di sapere tutto, invece sappiamo meno di prima perche’ ci formiamo una conoscenza frammentata, in pillole, che poi vengono digerite ed espulse. Niente ci rimane perche’ tutto e’ usa e getta, compresa la cultura.
Socrate sconvolto.
Insomma, Internet e’ una gran cosa, ed avere tutte le conoscenze del genere umano a portata di dito e’ veramente una cosa da film di fantascienza. Pero’ ci fa perdere coscienza della nostra fallibilita’ e della nostra ignoranza. Del fatto che non e’ vero che “io cio’ sempre ragione” (E se non ce l’ho mi basta un attimo su google e sto a posto), oppure che “e’ impossibile non saperlo!”.
Socrate sarebbe inorridito e stupefatto. Sconvolto. Certe volte dovremmo restare sconvolti pure noi.