…ovvero la Merdocrazia.
No. non la meritocrazia, non e’ un errore di battitura…
I soliti pensieri (sospetti)
Qualche giorno fa stavamo avendo una bella conversazione tra noi a proposito del perché le cose non funzionino in medio oriente e perché tutti i paesi arabi abbiano quell’aspetto un po’ trasandato e quella incapacità di gestire le cose in maniera efficace, loro unica salvezza i fiumi di danaro che li inondano e tramite i quali (con enormi dispersioni) le cose pubbliche vengono mantenute in uno stato di decenza.
Siamo inevitabilmente passati alla comparazione con la situazione in Italia, perché secondo noi le due società e gli atteggiamenti che causano tutte le inefficienze (perlopiù statali) e tutte le situazioni malate nei due paesi sono più o meno sovrapponibili.
Al che una delle menti illuminate nel gruppo ha partorito un’osservazione che suonava più o meno così:
“…gli Italiani hanno paura di innovare o di premiare l’innovazione perché’ allora dovrebbero ammettere che alcuni sono più talentuosi di altri. Ebbene, questo sarebbe veramente maleducato [secondo il punto di vista italiano]. Quindi, per evitare di offendere i rincoglioniti che sono tra noi mandiamo avanti i testadicazzo e caghiamo in testa a quelli buoni.”
L’effetto M (M come…?)
(…Merdocrazia, appunto)
Volendo dare un nome a questo meccanismo, a questo effetto, lo potremmo chiamare “effetto M”.
Istintivamente ci viene da pensare: eh sì, è proprio così. Tutti noi abbiamo avuto un capo che non capisce una mazza, un professore rimbambito, amici idioti che però hanno lavori (e stipendi) stellari mentre a noi, che invece siamo sicuramente meglio, niente di tutto questo.
Allora ci siamo chiesti: ma davvero? Abbiamo veramente paura dell’innovazione? Abbiamo paura di ammettere che qualcuno sia meglio di noi?
Lui e’ peggio di me.
Siamo portati a pensare che tutti quelli che “ci stanno sopra” siano dei cretini. Insieme a quelli che “ci stanno attorno” e quelli che “ci stanno sotto”, e che siccome sono tutti cretini, soprattutto quelli che “ci stanno sopra” ci siano arrivati principalmente grazie all’effetto M.
Ma è proprio così o l’effetto M ce lo siamo inventati per giustificare una nostra inettitudine?
Un primo scoglio lo dobbiamo valutare nel cosiddetto “self-serving bias” (Wikipedia aiutaci tu) che è quel meccanismo, attivo in tutti, per cui si tende a trovare delle giustificazioni che preservino o aumentino l’autostima agli eventi che ci occorrono (come dire un errore di valutazione da autocompiacimento). Quella vocina che ci dice in continuazione “sono in mezzo ad un mucchio di coglioni”.
Una convinzione che ci ricorda tanto “Stuck in the Middle with you”… profezie degli anni 60.
Quindi non sono tutti scemi…
Illuminati di questa nuova conoscenza (del self-serving bias, non degli Stealers Wheelers – che tra l’altro chissà di che si erano fatti prima di girare quel video…), siamo sicuri che molti di quelli che consideriamo “idioti” alla fine non lo sono, e la loro idiozia è solo figlia di quel nostro meccanismo di autoprotezione dell’autostima.
Molti, non tutti. Anche perché altrimenti non ci sarebbe spiegazione per tutti i politici, gli scrittori, i registi, le soubrette e tutta la gente “coi soldi” che riesce a produrre ricchezza (generalmente solo per sé) senza avere nessuna capacità particolare.
Quindi: una volta sfoltita la selva di deficienti (creati nella nostra mente) che ci circondano rimangono comunque i deficienti hardcore. Quelli che proprio non ci riusciamo a spiegare come abbiano fatto.
Ah, ma qualcuno si…
Insomma i cretini genuini 100% D.O.C. esistono. Magari non sono quanti ce ne aspettavamo, ma sono comunque un bel numerino e fanno i loro danni, e ci confermano che l’Italia è basata, tra le altre cose, sull’avversione alle situazioni innovativamente imbarazzanti, sull’effetto M.
Sulla merdocrazia.
Basta guardare a qualche istituzione dello Stato Italiano per capire che la merdocrazia ci governa, a noi più che agli altri paesi “occidentali sviluppati”.
Per esempio: parliamo della scuola italiana.
Tutti ci siamo più o meno scontrati con i problemi del sistema educativo, almeno fino alla scuola superiore. Alcune scuole sono ottime, formano i giovani e gli danno gli strumenti per avere successo nel resto della carriera scolastica e nella vita. Alcune. Il grosso delle altre scuole, nella migliore delle ipotesi, cade a pezzi, a volte in testa agli studenti stessi (tipo durante i terremoti, ma anche no).
E i pezzi che cadono non sono solo quelli di muratura, sono i pezzi della cultura e della capacità critica.
Perché?
Perché a scuola non si insegna a ragionare, non si dà un argomento chiedendo agli studenti quale sia la loro opinione informata su quel problema. Semplicemente si danno informazioni predigerite che poi gli studenti devono ripetere. Non capire, non rielaborare.
Ripetere. Ripetere. Ripetere. Ripetere. Ripetere. Ripetere. Ripetere. Ripetere
E questo perché seguire e valutare il ragionamento di altri esseri umani è difficile. Bisogna che chi insegna faccia uno sforzo critico e creativo tutte le volte e siccome chi insegna, a sua volta, è figlio dello stesso sistema, il pensiero critico e la capacità di innovare probabilmente non fanno parte del suo bagaglio culturale e di capacità: gli sono stati tolti quando era ancora a scuola.
Forse è meglio allora dire agli studenti esattamente cosa pensare, come pensarlo e come dirlo ed aspettarsi che agli esami vengano ripetute più o meno a pappagallo le nozioni impartite. E questo non solo per le materie umanistiche, ma anche per quelle scientifiche, dove magari esistono più soluzioni, tutte giuste, ma solo una è quella autorizzata dal copione.
Un giradischi rotto, la scuola (e l’università) è un giradischi rotto che ripete sempre la stessa sezione del disco. E nessuno si chiede come mai. E chi va avanti? Chi si bea di imparare quella sezione a memoria e saperla ripetere perfettamente, gracchi, suoni, parole e note (a volte anche stonate). E si accontenta, anzi ne è fiero, e per questo viene premiato.
Quello invece che magari il disco lo cambia, sostituisce la puntina o smette di ascoltare il giradischi ed impara a suonarsi la canzone da solo viene multato. “…Non si fa. Gli altri non possono mica tutti permettersi di imparare a suonare. Mica parlano tutti le lingue. Mica sono tutti nati col genio della matematica (men che meno il professore). Quindi per favore ritorni quando ha memorizzato la sezione del disco che è oggetto d’esame…”
E partendo dalla scuola questa abitudine alla ripetizione per compiacere l’adulto di turno si ripete nella società adulta, con il ruolo del professore che viene via via assunto dal capo, dal consorte, dagli amici, dal capo partito (non ne abbiamo avuti per niente di “capi assoluti” di partito in Italia negli ultimi 20 anni, vero?) in qualunque situazione in cui invece quella vocina fuori dal coro sarebbe utile, molto utile…
Ed eccoci arrivati al motivo centrale: ecco perché l’Italia ha prodotto e produce innovazione dal rinascimento in poi (veramente dall’impero romano in poi) ma ultimamente molte delle scoperte e delle invenzioni italiane avvengono sotto l’ala di sistemi-paese stranieri. Perche’ da noi un neolaureato non può permettersi di pubblicare un paper accademico con qualche scoperta geniale senza che ci sia la firma del prof. Baron. Figldiputt. Gran. Cav. Del Lav. Pinco Pallino. Ecco perché’ la fuga dei cervelli.
Ed ecco perché’ in Italia abbiamo pagato 15-20.000 euro al mese ad un perito agrario, un maturato scientifico ed una classica per impostare le politiche di sviluppo del paese in campi come la giustizia, la sanità ed il lavoro. D’altronde sono lavori semplici, tutto quello che bisogna fare è ripetere a pappagallo quello che dice il capo, sennò lo offendiamo, sennò poi sembra che siamo più intelligenti di lui.
In questa situazione, il capo vince, la merda vince, e gli uomini con l’anima d’oro (e qui di nuovo ci vengono in aiuto i filosofi greci, grazie Platone – ma questo è argomento per un’altra discussione) affondano, nel mare dove invece i merdocratici galleggiano e godono.